Le cose piccole ma buone del 2022

Ehi! Vi sento che vi state lamentando dell’ennesissimo recap dell’anno, ma a me piace tanto scriverlo e, se devo essere sincera, anche leggere quelli degli altri.

Che cosa ci ha insegnato questo 2022?

Quando ho pensato di scrivere il recap di quest’anno non mi veniva in mente niente. Zero. Ma non è possibile. Sarà successo qualcosa di cui tenere traccia. Devo pur aver imparato qualcosa! Allora, come sempre, mi è giunta in aiuto la galleria del cellulare. Vediamo che cosa rimane di questo luuuuuuuunghissimo anno.

Le cose piccole ma buone del 2022

Cinquant’anni di zia Pise

Il 27 febbraio 1972 è nata zia Pise. Pise è un soprannome, in realtà si chiama Simona, ma penso di essermi rivolta a lei sempre e solo con Pise. Quest’anno ha festeggiato 50 anni. Quando ho fatto il calcolo degli anni che avrebbe compiuto mi sono spaventata.

Mamma è la più grande di tre sorelle. C’è lei, poi Lalli e infine Pise. Le mie due zie sono un po’ matte e da loro ho preso il mio lato più caciarone. Sono la parte felice della famiglia. Ogni volta che andiamo a casa di nonna a Bagno di Gavorrano respiro un po’ di spensieratezza. Tutto è più leggero, ridiamo un sacco, e per qualche ora i pensieri li lasciamo in provincia di Siena.

Sei anni di Gianlu

L’11 maggio io e Gianlu abbiamo festeggiato sei anni insieme.
Ieri pomeriggio lo guardavo e per la prima volta ho pensato a quanto questo anno sia stato difficile anche per lui. Immagino che non sia stato facile avere a che fare con me in questi mesi. Gianlu è rimasto – sì, okay, grazie al cazzo mi vuole bene ma non è scontato.

Con Gianlu imparo ogni anno quanto sia complicato – in senso positivo – stare con una persona. Bisogna aggiustarsi, disinnescare, ascoltarsi un sacco per sciogliere dei nodi, se necessario anche con carta e penna alla mano.
Quando sono in difficoltà mi dice sempre Ambrina ce la facciamo, e ce la facciamo davvero.
Gianlu è l’unico che sa mettere insieme i miei cocci quando mi spacco. Questo un po’ mi spaventa perché mi dico: E se un giorno Gianlu non dovesse esserci più? Non nel senso che potrebbe morire (nel dubbio grattati Gianlu! 🤘) Però Ambra anche basta pensare sempre alle cose brutte. Stai nel presente e sii felice! E continuiamo a dipingere gnomi.

La famiglia Signorini-Dini si allarga: le osmie

A maggio, in occasione dell’anniversario, io e Gianlu ci siamo regalati Polly, la casetta delle api. In realtà non sono vere api ma sono osmie, ovvero api che non producono miele ma che si occupano dell’impollinazione dei fiori. Per un paio di mesi hanno abitato nel terrazzo di casa a Poggibonsi, poi dopo l’attacco delle formiche sono state trasportate in salvo a Casole. Ora le osmie dormono e dormiranno fino alla primavera, quando da quei tubicini nascerà una nuova generazione di insettini gialli e neri. Non pungono, fanno compagnia e sono molto buffe quando tornano nella casetta con in braccio il polline.

Una marea di libri

Leggere meno per leggere meglio. Quest’anno non ho letto tantissimo (qui la lista completa dei libri del 2022), ma sicuramente ho letto dei gran bei libri con calma, senza fretta e con la giusta attenzione.
La cosa piccola ma buona dell’anno che riguarda i libri è questa: non voglio più che leggere sia solo un passatempo. Ci voglio credere, voglio immaginare un lavoro che giri attorno ai libri. Sono in ritardo sulla tabella di marcia? Non lo so, ma voglio provare.

I giorni di reclusione

A ottobre io e Gianlu ci siamo beccati il covid. Dopo due anni, doveva succedere. Abbiamo sperimentato la VERA convivenza: 24 ore su 24 insieme, 7 giorni su 7. Per fortuna è andato tutto bene.
In quei giorni sono stata ore a rotolarmi nel lettone tra febbre, tosse e raffreddore, e a farmi compagnia c’è stato il libro di Kawamura Genki: Se i gatti scomparissero dal mondo.

Ora capirete bene che io, che considero Leo la mia unica ragione di vita, sola a Poggibonsi senza poterlo stringere, con un libro simile tra le mani potevo avere solo pensieri assurdi.
Però, a parte la storia triste del vivere senza gatti e senza Leo in particolare, e l’assurdità di alcuni aspetti della trama, questo libro è stato fondamentale.

Se i gatti scomparissero dal mondo è la storia di un ragazzo della mia età a cui viene comunicato che morirà a breve. Il protagonista ragiona su tutto quello che avrebbe potuto fare e che per paura non ha fatto, sulle occasioni perse e su quanto sarebbe bastato crederci un po’ di più. In quel momento sembrava che quel libro mi stesse dicendo: alza il culo, credici e vai avanti. Smetti di crogiolarti nell’ansia, smetti di sentirti un peso per gli altri e di credere di sprecare il tempo delle persone che decidono di stare con te. Ma soprattutto: inizia ad ascoltare quello che realmente vuoi. Io non sono il progetto di nessuno.

Da questo delirio ne sono usciti altri. Per giorni ho tartassato Gianluca con: “Ma te ci pensi mai che abbiamo una vita sola, un’unica possibilità? E se muoriamo all’improvviso? E se non riusciamo ad essere felici?”

Dopo quei giorni di reclusione la mia ansia è sparita quasi totalmente, non ho più avuto pensieri intrusivi, non mi sento a disagio, non ho i crampi allo stomaco e non ho voglia di piangere all’improvviso. È come se avessi disegnato un cerchio intorno a me, un perimetro, con me al centro e i brutti pensieri fuori. So che cosa voglio e finalmente mi riconosco. Questa è stata la cosa piccola ma buona più importante e bella del 2022.

E per il 2023?

Per il 2023 ho delle aspettative altissime. Mi sento propositiva, ottimista, carica a pallettoni. Poi i numeri dispari mi piacciono molto. So per certo che sarà un anno impegnativo su diversi fronti: tanti progetti da portare avanti, tante nuove persone da conoscere. Non vedo l’ora di scoprire come sarà. Chissà che cosa racconterò nel recap del 2023…

📩 Quali sono state le vostre cose piccole ma buone del 2022?

1 novembre 2021: 2000 giorni di Gianlu

2000 giorni.
Mai avrei pensato di poterlo dire. Prima di conoscere te, per me era impossibile immaginarne cento, di giorni, figuriamoci 2000. Ma ci siamo.
Duemila giorni che conservo tutti i nostri ricordi: letterine, foto, sorprese degli happy meal, bigliettini che a volte mi lasci in giro per casa. Dall’11 maggio 2016 – ma anche da un po’ prima – ogni anno che passa ha la sua busta dedicata. Alcune a fatica si chiudono perché sono pienissime, altre sono più vuote.
In questi duemila giorni ci sono stati compleanni, Natali, feste con amici, discussioni, una pandemia, litigate quasi da tirarci i piatti, viaggi, progetti.
Da duemila giorni sei la mia roccia; sei quello che tra i due disinnesca per primo e vede sempre il bicchiere mezzo pieno, mentre io manco il bicchiere.
Non vedo l’ora di festeggiarne altri duemila, e poi altri ancora. Perché ormai li immagino anche io 💜

2 ottobre 2021: Marghe si sposa

Noi tre al matrimonio di Marghe, 2 ottobre 2021


Ieri è successa questa cosa qua: Marghe si è sposata. Era bellissima, elegante e felice. Lo sposo (@eg_m_l ) un bono pazzesco! 😎
Dile e io ancora non ci crediamo, ma è successo. Un altro pezzettino di vita che abbiamo condiviso noi tre. Sono vent’anni che ci conosciamo ma ci vogliamo ancora un bene infinito. In futuro, tantissime le cose belle che dovranno accadere. E ci stringeremo ancora di più, come in questa foto.
Congratulazioni Marghe! Sei la nostra sposina del cuore ❤️
Ti vogliamo bene, ma tanto tanto!

Gianlu ed io al matrimonio di Marghe

29 settembre 2021: crescere

22 ottobre 2012, Biblioteca Comunale di Colle

Questa foto è stata scattata il 22 ottobre 2012, non mi ricordo da chi. Ero in biblioteca a Colle e stavo -a quanto pare ma ci credo poco- studiando filosofia con qualcuno. Mi coloravo i capelli di rosso perché volevo fare la trasgry…con i capelli rossi. Che ridicola! Ma a me piacevano tantissimo. Non sapevo bene che cosa avessi voluto fare da grande e oggi, che sono già grande, la situazione non è cambiata. Continuo a fare liste, a vedermi per un attimo in un posto per cambiare idea un secondo dopo. Metto un progetto nel cassetto e poi me ne dimentico. Mi appunto una cosa in giro che finisce chissà dove. Potrei provare a fare questo; forse ho sbagliato a non fare quest’altro. E rimango impantanata. Non è cambiato niente. Solo, ogni tanto, mi coloro i capelli.

Una cosa piccola ma buona al giorno: 28 settembre 2021

Yorkie, 2014

Quando mamma e babbo si sono separati e noi tre abbiamo cambiato casa, una delle prime cose che mamma ha deciso di fare è stata quella di prendere un cane. È andata al canile con Sara e ha scelto subito Yorkie, uno Yorkshire molto puzzolente ma anche tanto affettuoso. Era novembre 2013. Mamma e Sara sono venute a prendermi in macchina alla fermata del bus e nei seggiolini di dietro, accanto a Sara, c’era un musino pelosetto e simpatico.
La storia racconta che Yorkie fosse nato a Santo Domingo e che la sua padrona, finita in carcere qui in Italia, lo avesse lasciato al canile. Yorkie non era il suo vero nome, ma siccome era uno Yorkshire al canile lo hanno chiamato così. Noi lo abbiamo preso in affidamento e quando la padrona originaria lo ha chiesto indietro, a noi ha pianto il cuore. Ma se sono qui a raccontare questa storia, significa che Yorkie è poi rimasto con noi.
Quando aveva fame, Yorkie saltava sempre. Giocava con Leo. Sotterrava gli ossi in giardino.
Adesso la sua medaglietta è attaccata vicino alla porta e a volte, col vento, fa quel rumorino di quando Yorkie si avvicinava e si sdraiava sul tappetino all’ingresso.

Una cosa piccola ma buona al giorno: 6 gennaio 2019

Mi è sempre piaciuta la tavola apparecchiata per le feste, in rosso.

Sotto le feste la casa a Monteguidi si riempiva di gente: sorelle di nonno, zii e cugini. Non necessariamente per mangiare insieme, ma anche soltanto per consegnare un pensiero e per scambiarsi i migliori auguri.

Si allargava il tavolo di cucina, si stendeva la tovaglia rossa con i ricami in bianco e si posizionava il servito buono, quello per le feste: piatti e piattini, bicchieri e forchettine da dolce che durante l’anno avevano riposato nel mobile di cucina. 
Non avevamo un segnaposto con il nostro nome stampato sopra perché tutti sapevamo quale fosse il nostro posto, la nostra sedia e il nostro vicino: noi piccini vicino al fuoco, i grandi vicino ai fornelli.

La mattina del 25 dicembre Sara, Dario ed io indossavamo i vestiti nuovi e andavamo alla Messa dove puntualmente la gente di paese ci chiedeva che cosa nonna avrebbe cucinato di buono.

Nonno mi guardava seduto dalla sua postazione capotavola e mi chiedeva sempre se stessi mangiando perché non ero mai vicino a lui. Ovviamente sì, stavo mangiando, e parecchio!

Con gli anni sono cambiate le tavole e con loro i vari commensali. Si continua a brindare facendo incontrare tra loro i bicchieri di spumante, ben attenti a non batterli tra loro. Si ride e si raccontano storie passate. Si fanno progetti: un viaggio, un nuovo lavoro. Si spera di condividere ancora una volta tutti insieme quella tavola, memorizzando, con l’aiuto di un segnaposto, la nostra nuova postazione.

Una cosa piccola ma buona al giorno: 3 gennaio 2019

Secondo Wikipedia, nel 2011 a Monteguidi eravamo in centoquarantaquattro.

Ci possiamo contare sulla dita delle mani. Siamo persone che si stringono l’un l’altra, soprattutto nei momenti di dolore. La casa che si riempie di voci che ti augurano di stare bene e che tutto andrà meglio appena ti sarai ripreso.
Io abitavo al numero 1, convinta di essere il primo cittadino di Monteguidi. 

Casa dei miei nonni, Monteguidi

Quando ero una bambina – e poi un’adolescente – spesso rimproveravo ai miei genitori di non aver scelto un posto migliore dove abitare, un posto più vicino al cinema e ai miei amici.
Ho letteralmente odiato quelle cento case che mi isolavano da tutto e non nego di aver sentito un pizzico di felicità quando cinque anni fa metà della famiglia si è spostata da un’altra parte. Ingenuamente ho creduto che quella fosse la scelta giusta per tutti e che in un modo o nell’altro mi sarei affezionata anche alla nuova casa, se non di più.
A volte fa un po’ male tornare nei luoghi in cui tutto è cominciato e poi finito, ma ci fai l’abitudine e ti convinci che tutto quello che è successo fosse inevitabile. Doveva andare così.


L’aspetto positivo, la cosa piccola ma buona, è che cerchi ogni volta di accantonare il presente un poco buio per ritrovare la luce dei vecchi ricordi.

Quando in quella casa si è mangiato in dieci intorno ad una tavola; quando nonno tornava con i secchi di legna; quando nonna cuciva in quella terrazza guardando la gente che passava; quando mi nascondevo dietro la porta di cucina per spaventare nonno; quando un anno Pasqua cadde il giorno del compleanno di Sara e noi piccini, soprattutto Sara, eravamo felici il doppio; quando nonno guardava i film di cowboy mangiando le noci o i lupini davanti al fuoco; quando alla domanda come va, nonno rispondeva sempre tutto okay anche se forse tutto okay non era.

Ora aspetto la primavera per rivedere nonna seduta in terrazza a cucire, a guardare la gente che passa e a curare i fiori.
Adesso ogni volta che vado a Monteguidi scatto una fotografia al paese da una curva lontana.
Le stagioni se ne vanno via velocemente ma le persone restano ed è sempre un piacere contarci.

Una cosa piccola ma buona al giorno: 8 dicembre 2017

Oggi sono stata a pranzo dai miei nonni, con mia sorella e babbo.
Abitano nel paese in cui sono cresciuta, una manciata di case che riscaldano persone intorno ai loro camini accesi.

Anche i miei nonni hanno un camino. Fino all’anno scorso, mio nonno scendeva nella cantina per riempire un secchio di legna, con il giubbotto di velluto a righe e il cappello che per me era da cowboy, ma crescendo ho capito che era un semplice cappello verde ma elegante che lui indossava per uscire di casa. “Nonno, copriti bene perché prendi freddo!” E si chiudeva la porta alle spalle.


Rientrava in casa con il secchio pieno di legna ed i soliti due ciocchi che portava sotto braccio. Li accatastava accanto al camino, nell’angolo vicino alla porta del terrazzo.

Nonna invece cuciva. Mi ha sempre consigliato di imparare a cucire, perlomeno ad “attaccare un bottone alla camicia di tuo marito“. 
Io mi sono sempre rifiutata.
Lei cuce da anni vicino al camino con le gambe distese vicino al fuoco, o seduta sul divano con la luce del sole che entra dalla finestra alle sue spalle. Ci hanno fatto mettere anche le inferriate, alla finestra, perché loro sono anziani: di notte vogliono stare tranquilli .

Quando mia mamma aveva mia sorella nella pancia, io dormivo con i miei nonni nel loro lettone matrimoniale. Stavo nel mezzo. Nonna mi cullava, mentre nonno si addormentava di traverso ed io a nonna le dicevo: “Nonno mi fa il cancello!” “Ferruccio, fai entrare anche Ambra!”, e finalmente ci addormentavamo tutti e tre, in attesa di quella sorellina che avrebbe invaso altro mio spazio.

Oggi nonna mi ha chiesto se vado mai in chiesa. Io le ho detto di no e lei mi ha risposto che qualche volta sarebbe opportuno andare. 

“Per me era un modo per levarmi di casa. Mi mettevo i vestiti buoni e uscivo.”

All’età di cinque o sei anni, quando per il pranzo della domenica nonna preparava il pollo arrosto per tutti, io salivo su una sedia piccina, come quelle dell’asilo, e stavo accanto a lei ad osservare. Mi piaceva impepare e salare il pollo, metterci la salvia e il rosmarino. Era un momento nostro che tuttora ricordiamo con allegria.

Un giorno mio padre mi sgridò fortissimo ed io decisi di andarmene di casa. Gli urlai contro: “Io vado via! Non voglio più stare con voi!” e riempii una valigia. Avevo soltanto un posto dove correre al riparo: casa dei nonni, al piano di sotto.

Nonna mi accolse chiedendomi di raccontarle che cosa fosse successo ed io le dissi che avevo litigato con babbo e mamma e che avevo intenzione di non abitare più con loro, bensì con lei e mio nonno, nella cameretta in cui 25 anni prima aveva dormito mio padre con mio zio.
Ebbi una nuova casa per un giorno, poi tornai al piano di sopra, accontentando i miei genitori che comunque sapevano che avrei risalito le scale molto presto.

Quando era l’ora di fare merenda, mia nonna mi chiamava dal terrazzo e mi preparava pane e pomodoro. Lo faceva tutto a pezzettini e me lo portava sugli scalini di casa, dove io consumavo la merenda con una forchetta mini ed un tovagliolo per pulirmi la bocca.

Tra mio nonno Ferruccio e mia nonna Silvana, io somiglio a mio nonno.
Tante volte lui ed io ci capiamo con uno sguardo.
Tante cose preferiamo non dirle e se soffriamo lo facciamo in silenzio.
Tante volte quello che lui non dice io lo sento, so cosa vorrebbe dire, ma per orgoglio o per fragilità, tace.

Nei nostri attimi di silenzio non c’è imbarazzo perché quel silenzio è nostro, lo abbiamo scelto e ci stiamo comodi.

Da mia nonna ho imparato a prendermi cura dell’altro, a rimboccare le coperte a mia sorella e a scrivere in corsivo la N come una U e la M come una doppia U, come fanno i grandi. Ma non ho mai imparato a cucire.