Libri 2023

  1. Hilda e il gigante di mezzanotte, di Luke Pearson
  2. L’editore presuntuoso, di Sandro Ferri (qui che cosa ne penso)
  3. Tenerumi, di Fabrizia Lanza (qui che cosa ne penso)
  4. The story of Doctor Dolittle, by Hugh Lofting
  5. La vita bugiarda degli adulti, di Elena Ferrante
  6. The Witches, by Roald Dahl
  7. Abe Sada. Il fiore osceno, di Michele Botton e Pietro Sartori
  8. Sullo scrivere e sui libri, di George Orwell
  9. La claque del libro, di Ambrogio Borsani
  10. Scirocco, di Giulio Macaione
  11. Kim Ji-Young, nata nel 1982, di Cho Nam-Joo
  12. Stargazing, di Jen Wang
  13. I giudizi sospesi, di Silvia Dai Pra’

Stranieri su un molo, Tash Aw

Non poteva esserci lettura migliore di Stranieri su un molo per mettere la parola fine a questo 2022 di libri, anno in cui ho finalmente deciso su quale genere concentrarmi: il memoir. Ormai ho uno scaffale della libreria pieno di titoli che aspettano di essere letti, e da oggi ne fa parte anche il memoir di Tash Aw (1971), autore sino-malese.

Stranieri su un molo (add editore, 2022) racconta che cosa significhi sentirsi persi in una terra straniera, una terra non necessariamente geografica ma fatta di legami, come può essere la famiglia.

Suddiviso in due capitoli, La faccia e Swee Sei o L’eternità, Tash Aw riesce in una manciata di pagine a descrivere contesti storici passati e presenti attraverso la ricostruzione delle vicende dei nonni, stranieri su un molo, che lasciarono la Cina per la Malesia durante gli anni ’20; della nonna, protagonista del secondo capitolo, in cui l’autore utilizza la sua esperienza di vita per raccontare la condizione della donna in Oriente e, infine, l’esperienza di Tash Aw in Occidente.

Il memoir si presenta come un puzzle di identità e di dialetti, di città da geolocalizzare, mantenendo come punto fisso le proprie radici familiari. Interessante il rapporto tra vita e scrittura. Scegliere che cosa tenere e che cosa lasciare del passato; cancellare e correggere come si fa con l’editing di un racconto. Ma, come dice l’autore, “Abbiamo bisogno di conoscere quel disordine per scoprire chi siamo.”

Stranieri su un molo è per te se ti piacciono i libri che raccontano di famiglia, di storie da non dimenticare, di identità multiple che cercano di convivere in una stessa persona, di privilegio e di culture diverse che si incontrano e ci arricchiscono, costringendoci a volte a separarci da chi amiamo.

Tutto chiede salvezza, di Daniele Mencarelli

La settimana scorsa ho letto Tutto chiede salvezza, il romanzo biografico di Daniele Mencarelli, uscito per Mondadori nel 2020 e vincitore del Premio Strega Giovani di quell’anno.

Daniele Mencarelli
(Immagine di romadailynews.it)

Ammetto che, se non avessi saputo dell’imminente uscita della serie tratta dal romanzo, molto probabilmente non avrei mai conosciuto Mencarelli. Sbagliando, sì, e facendo vincere un velato pregiudizio che nutrivo nei confronti dell’autore.

Tutto chiede salvezza, Daniele Mencarelli
Mondadori, 2020

Tutto chiede salvezza è il racconto dei sette giorni che Daniele Mencarelli – allora ventenne – ha trascorso all’interno di un Dipartimento Psichiatrico per un Trattamento Sanitario Obbligatorio.
Il 14 giugno 1994, Daniele si sveglia in un letto d’ospedale, in una stanza condivisa con altre cinque persone. Si trova lì perché la sera prima, preso da un attacco di rabbia, ha distrutto casa e causato un malore al padre.

Daniele è un ragazzo sensibile, acuto e particolarmente profondo. Assorbe la sofferenza del mondo e si interroga sul perché dell’esistenza del male e del dolore.

“Ma è sbagliato cerca’ un significato? Perché devo avere bisogno di un significato? Sennò come spieghi tutto, come spieghi la morte? Come se fa ad affrontare la morte di chi ami? Se è tutto senza senso non lo accetto, allora vojo mori’.”

Il suo “desiderio patologico” ha un nome, salvezza, parola che non dice mai ad alta voce se non a sé stesso. Daniele desidera fare esperienza del mondo e della vita senza macigni sul cuore: essere impenetrabile. In parte riesce a dare un senso a quello che prova e a prenderne coscienza tramite la scrittura. Daniele, infatti, scrive poesie sin dalla terza media perché, secondo lui, la scrittura è l’unico mezzo che possiede per raccontare quello che vede e che gli esplode dentro.

Tra le persone con cui Daniele condivide la stanza c’è Mario. Mario, come una specie di Virgilio, accompagna Daniele verso una nuova consapevolezza di sé, affrontando importanti riflessioni sulla follia e sul rapporto tra la scienza e la mente umana, soffermandosi sul bisogno dell’uomo di bollare come negativo tutto ciò che è diverso o non convenzionale.
Mario riconosce l’importanza della cura farmacologica e l’esistenza dei disturbi mentali, ma chiede a Daniele di non smettere mai di interrogarsi, di conoscersi, e di indagare chi è veramente.

Come racconta l’autore durante un’intervista, la settimana di ricovero è stata fondamentale perché ha rappresentato il primo momento in cui ha potuto parlare della sua natura senza provare vergogna. E lo ha fatto non tanto con il personale medico ma con i suoi compagni di stanza, le persone più simili e vicine a lui che Daniele abbia mai conosciuto.

Tutto chiede salvezza è un romanzo che si appiccica addosso. Non per la trama – che qui non ha importanza – ma per la potenza delle riflessioni, delle emozioni e della sincera sensibilità e comprensione che richiede. Un romanzo che ha bisogno di cura e di ascolto, che pone chi legge di fronte a dei dilemmi non banali e che chiede di non fermarsi all’apparenza delle cose ma di scavare, proprio come fa Daniele.

Le graphic novel che ho letto a giugno

Le graphic novel mi piacciono sempre di più!

Ammetto di averle sempre sottovalutate e di averle considerate spesso un prodotto di serie B rispetto ai libri “normali”. Ma da circa un paio di anni (complice la pandemia), mi sono avvicinata a questo mondo e continuo tuttora a scoprire delle chicche strabilianti.

La tecnica di lettura che utilizzo è quella di leggere prima in digitale (prendendo il titolo in prestito, per esempio) e poi, se effettivamente mi è piaciuta, comprare la graphic novel e arricchire la mensola dedicata della mia libreria.

Durante il mese di giugno ne ho lette tre, una più bella dell’altra, e tutte e tre edite da Bao Publishing, casa editrice di cui avevo già scritto l’anno scorso.

Ma procediamo con ordine!

Le graphic novel che ho letto a giugno

Basilicò, di Giulio Macaione

La prima graphic novel che ho letto questo mese è stata Basilicò, di Giulio Macaione, autore catanese che ha deciso di trasferire la sua Sicilia all’interno del racconto edito Bao.

Basilicò, ambientato a Palermo, racconta di una famiglia composta da Maria e dai suoi cinque figli: Giovanni, Agata, Diego Maria, Rosalia e Santo. Uno l’opposto dell’altro, ma che si uniranno quando si troveranno ad avere a che fare con qualcosa di irrisolto.

Il racconto inizia con il funerale di Maria e la voce che sentiamo è proprio la sua.
Dalle prime pagine in poi, la storia si articola in diversi filoni temporali: gli anni ’60, quando Maria incontra il padre dei figli; il presente dei protagonisti; il momento del funerale della donna.

Le tavole che raccontano del passato sono color seppia, mentre tutto il resto è in bianco e nero.
Ogni capitolo è intervellato da una ricetta per la preparazione di piatti che, tra gli ingredienti, hanno anche il basilico, da sempre presente nella quotidianità della famiglia e che custodisce un segreto.

La famiglia di Maria nasconde delle verità sottaciute che il lettore dipanerà pagina dopo pagina.

Il rischio spoiler è molto alto. Vi dico soltanto che a lettura ultimata urlerete: OH MIO DIO CHE COSA STA SUCCEDENDO!

In inverno le mie mani sapevano di mandarino, di Sergio Gerasi

Spulciando il catalogo sono incappata nella graphic novel di Sergio Gerasi In inverno le mie mani sapevano di mandarino. Il titolo mi ha incuriosita subito: tutto ciò che riguarda la memoria, i ricordi e il passato mi affascina tantissimo.

Il protagonista è Nani, un uomo la cui caratteristica principale è quella di avere sulla testa una cerniera da tenere chiusa per non far entrare i ricordi. Ogni tanto però appaiono dei mostriciattoli (unico elemento colorato) che tentano di spingerlo ad aprire la cerniera.

La storia è ambientata a Milano, una città onirica che il protagonista percorrerà per recuperare una nuova memoria per la nonna, affetta dal morbo di Alzheimer.

Una graphic novel che mi è piaciuta tantissimo, dalla storia ai disegni, dal tema del ricordo e della memoria alle atmosfere malinconiche.

Pelle d’Uomo, di Hubert e Zanzim

In occasione del mese del Pride ho deciso di leggere Pelle d’Uomo, di Hubert e Zanzim.

La storia è ambientata in una città rinascimentale. La protagonista, Bianca, ha quasi diciotto anni ed è promessa in sposa a Giovanni, un uomo che non conosce affatto. Infatti, Bianca vorrebbe prima fare la sua conoscenza, capire come si comportano gli uomini, e decidere in autonomia se sposarlo.

La sua madrina le arriva in soccorso, rivelandole un segreto:

“Le donne della nostra famiglia custodiscono un segreto. Siamo in possesso di una pelle d’uomo. Lo chiamiamo Lorenzo. Una volta sulla tua pelle, nessuno dubiterà di avere davanti un ragazzo. E così potrai muoverti in incognito nel mondo degli uomini.”

Infatti, le donne della famiglia di Bianca si tramandano, di generazione in generazione, una pelle d’uomo che, indossata, trasforma la donna in un uomo: Lorenzo.

Bianca inizierà a indossare la pelle e diventerà Lorenzo, un personaggio che prenderà vita e che renderà la giovane ragazza libera di esplorare se stessa e il mondo degli uomini, e di conoscere finalmente Giovanni.

La forza di Pelle d’Uomo sta nel combattere gli stereotipi e nell’affrontare la fluidità di genere, sottolineando quanto i costrutti sociali intrappolino la nostra libertà sessuale e di espressione.

Che cosa leggere su Kindle Unlimited

L’estate è ufficialmente iniziata. Ci aspettano mare, piscina, gite al fiume e al lago. Tanto tempo dedicato al relax e, ovviamente, alla lettura.

In estate – ma ormai tutto l’anno – sono del partito lettura in digitale. Mi piace avere con me diversi titoli tra cui scegliere: racconti, saggi, memoir, romanzi e graphic novel.

Per questo motivo ho deciso di spulciare il catalogo di Kindle Unlimited, il servizio di prestito digitale targato Amazon che permette di scaricare e leggere in contemporanea fino a 20 titoli.
Il servizio costa 9,99 €/mese ed è possibile effettuare una prima prova gratuita di 30 giorni.
Sono mesi ormai che lo utilizzo e mi trovo molto bene.

Ecco i miei consigli!

Che cosa leggere su Kindle Unlimited

In Città sommersa, Marta Barone racconta di suo padre, L.B., e delle vicende giudiziarie a lui legate.
Sullo sfondo c’è Torino, la città sommersa. Percorrendo le strade della città e mettendo insieme parole e ricordi, Marta Barone ricostruisce la storia di suo padre, figurandosi e risemantizzando un passato a lei sconosciuto. Chi è stato veramente suo padre?

Cosmetica del nemico è un lungo dialogo tra due voci, costrette in un aeroporto a causa di un ritardo dei voli. Claustrofobico e incalzante. Filosofico e sagace.
Che altro dire di questo libro? Direi soltanto che fareste meglio a leggerlo e a fidarmi di me.
(Consiglio bonus: di Nothomb vi suggerisco di leggere anche Metafisica dei tubi e Igiene dell’assassino, che però non sono disponibili su Kindle Unlimited).

Ricordo benissimo quando, durante il tirocinio del secondo anno di università, mi ritrovai ad assistere a un incontro protetto tra un padre abusante e un figlio abusato.
La teoria ci insegna che quando si è presenti a queste scene, la nostra mimica facciale deve essere impassibile. Niente deve trapelare. Nessuno deve accorgersi di cosa stai pensando.
Io non ci sono riuscita. Me ne sono andata a fine incontro e ho pianto tantissimo.

Purtroppo, di storie così se ne sente parlare spesso, e @emastokholma ha deciso di raccontare la sua storia per aiutare bambini e bambine che come lei hanno subìto violenze e non hanno potuto avere l’infanzia che avrebbero desiderato.

Un bambino è da difendere e tutti siamo complici se sappiamo e non diciamo.

Di Non stancarti di andare ne ho già parlato qui sul blog. Che graphic novel stupenda!

Avete presente quei film dove, davanti alla tv, ti metti a urlare alla protagonista: “Non farlo! Non fidarti! Non entrare là dentro!” Ecco. Rosemary’s Baby è esattamente questo.

Un romanzo horror scritto nel 1967 da Ira Levin e ambientanto a New York negli anni ’60.

Il romanzo racconta di Rosemary e Guy Woodhouse, una giovane coppia borghese che si trasferisce in un appartamento di un condominio poco raccomandabile.

Satanismo, congrega, streghe. Il finale non mi ha convinta del tutto, forse perché non appartiene esattamente al mio genere di letture. A ogni modo: consigliato!

  • Basilicò, di Giulio Macaione (Bao Publishing, 2016)

Ambientanta a Palermo, Basilicò è la storia di Maria e dei suoi cinque figli. Una graphic novel incalzante, ricca di colpi di scena e capace di raccontare gli intrighi di famiglia, le liti e le incomprensioni.
Il basilico è l’ingrediente delle ricette che intervallano i capitoli, ma non solo.

Credo che di Basilicò ne riparleremo molto presto!

Un uomo a pezzi è stato il mio primo titolo di Muzzopappa. Tramite una serie di frammenti, l’autore racconta di sé e della sua famiglia, di momenti legati alla sua infanzia o alla vita con Carmen, la fidanzata. Ci sono Milano ma soprattutto la Puglia, con le friselle e la salsa al pomodoro fatta in casa ad Agosto.

Mi sono divertita tantissimo! Un uomo a pezzi è il titolo perfetto per quando si ha voglia di ridere e di ritrovare la propria famiglia nelle famiglie degli altri.

(Affari di famiglia sarà il prossimo di Muzzopappa che leggerò, anche questo disponibile su Kindle Unlimited.)

*Consigli extra*

E voi? Che cosa leggerete quest’estate?

Progetto SVUOTA LIBRERIA

Oggi, 1 giugno, comincia il mio personalissimo progetto SVUOTA LIBRERIA.

Ho dei libri – in realtà nemmeno troppi – che giacciono nella libreria da trecentomila anni, e visto che pianificare la vita mia e degli altri mi piace un botto, allora mi sono detta ma sì, programmiamo anche questa nobile impresa!

Chissà se entro i prossimi sei mesi la mia libreria potrà aggiudicarsi il premio come libreria più snella e vuota del globo. L’intenzione è infatti quella di arrivare a fine anno con tutti i libri letti. Rido già da sola.

Qui sotto la lista dei libri da spuntare per arrivare al goal finale!

LISTA SVUOTA LIBRERIA

Libri 2022

  1. L’acqua del lago non è mai dolce, di Giulia Caminito
  2. Per il mio bene, di Ema Stokholma (qui che cosa ne penso)
  3. Borgo Sud, di Donatella Di Pietrantonio (qui che cosa ne penso)
  4. Romanzo di un naufragio, di Pablo Trincia (qui che cosa ne penso)
  5. Frenesia, di Flavio Nuccitelli
  6. La figlia unica, di Guadalupe Nettel
  7. Blankets, di Craig Thompson
  8. La manutenzione dei sensi, di Franco Faggiani
  9. Niente di vero, di Veronica Raimo
  10. Cosmetica del nemico, di Amélie Nothomb (ne ho parlato qui)
  11. Guarda le luci, amore mio, di Annie Ernaux
  12. Residenza Arcadia, di Daniel Cuello
  13. Il vicario, cari voi, di Roald Dahl
  14. Un uomo a pezzi, di Francesco Muzzopappa (ne ho parlato qui)
  15. Basilicò, di Giulio Macaione (ne ho parlato qui)
  16. Pelle d’Uomo, di Hubert e Zanzim (ne ho parlato qui)
  17. Fermo, di Sualzo
  18. Beatrice Sottosopra, di Shelley Johannes
  19. In inverno le mie mani sapevano di mandarino, di Sergio Gerasi (ne ho parlato qui)
  20. Un lavoro vero, di Alberto Madrigal
  21. Cronorifugio, di Georgi Gospodinov (qui che cosa ne penso)
  22. Spatriati, di Mario Desiati (qui che cosa ne penso)
  23. Il corpo in cui sono nata, di Guadalupe Nettel (qui che cosa ne penso)
  24. Oliva Denaro, di Viola Ardone
  25. Naif.Super, di Erlend Loe
  26. Introduzione alla semiotica dello spazio, di Alice Giannitrapani
  27. Uccidi l’unicorno, di Gabriele Sassone
  28. La donna gelata, di Annie Ernaux
  29. L’analfabeta, di Agota Kristof
  30. Tutto chiede salvezza, di Daniele Mencarelli (ne ho scritto qui)
  31. Il gusto di una vita, di Iaia Caputo (qui che cosa ne penso)
  32. La lingua che cambia, di Manuela Manera
  33. Femminili singolari, di Vera Gheno
  34. Il sessismo nella lingua italiana, di AA.VV. Grammatiche della società
  35. Se i gatti scomparissero dal mondo, di Kawamura Genki
  36. Scrivere è un dare forma al desiderio. Conversazione con Pierre Bras, di Annie Ernaux
  37. Prima che mi sfugga, di Anne Pauly
  38. La fine dell’amore, di Tamara Tenenbaum (ne ho scritto qui)
  39. Infanzia, di Tove Ditlevsen
  40. Autobiografia di una femminista distratta, di Laura Lepetit (qui che cosa ne penso)
  41. Quaderno proibito, di Alba de Céspedes
  42. Scheletro femmina, di Francesco Cicconetti
  43. Il ragazzo, di Annie Ernaux
  44. Stranieri su un molo, di Tash Aw
  45. Il sarto volante, di Etienne Kern

L’Arminuta, di Donatella Di Pietrantonio

I libri che raccontano di famiglie mi fanno sempre un male atroce, e questo, “L’Arminuta di Donatella Di Pietrantonio, ha fatto più male di altri.
Nell’arco di una settimana ho voluto – e dovuto – leggerlo due volte, per poi continuare a sfogliarlo alla fine di entrambe le letture. La prima lettura è volata via in poche ore tanta era la voglia di sapere, di capire, di farmi del male. La seconda, invece, è stata più lenta, ed è servita a cogliere alcuni dettagli che alla prima lettura mi erano sfuggiti.

L’Arminuta,
Donatella Di Pietrantonio, Einaudi (2017)

“L’Arminuta” è la storia di una bambina di cui non conosceremo mai il vero nome. Per noi e per le persone che le gravitano attorno sarà soltanto l’Arminuta: la ritornata.

Ritornata da dove?

Tutto comincia nell’agosto del 1975 quando la protagonista ha 13 anni. Fino a quel momento, la bambina ha vissuto in quella che credeva essere la sua vera famiglia, ma durante quella torrida estate viene restituita alla famiglia di origine, sangue del suo sangue. Ed è proprio là che fa ritorno.

La storia è raccontata in prima persona dalla protagonista, che, ormai adulta, ripercorre con un lungo flashback quel periodo preciso della sua infanzia. Un periodo in cui ha subìto violenze ed ha vissuto nella menzogna, ma ha anche imparato a voler bene e a riceverne altrettanto indietro.

Oltre al tema degli affetti familiari, soprattutto il legame con la doppia figura della madre, è fortissimo anche quello della sorellanza. Infatti, non appena l’Arminuta ritorna, scopre di avere una sorella, Adriana, ma anche altri fratelli, tra cui Giuseppe, il più piccolo, e Vincenzo, il fratello maggiore, il personaggio che mi è entrato nel cuore.

Quando comincia la storia, Adriana ha 10 anni, tre anni in meno della sorella.
Pur provenendo da due mondi opposti – l’Arminuta è comunque cresciuta in una famiglia borghese, mentre Adriana ha vissuto da sempre nella povertà – le due si completano, e grazie a questa complicità riescono ad affrontare la violenza e a crescere.
Adriana protegge la sorella, comportandosi da sorella maggiore. Ha riconosciuto nell’Arminuta un’intelligenza e una particolarità che non appartengono a quel mondo di povertà e di abusi, e che quindi vanno tutelate.

Non mi sono mai spiegata il gesto di una bambina di dieci anni che le buscava ogni giorno, ma voleva salvare il privilegio di cui godevo io, la sorella intoccabile tornata da poco.

L’altra importante figura nella vita dell’Arminuta è sicuramente Vincenzo.
Vincenzo non si arrende alle violenze del padre. Fugge spesso, trascorrendo le notti fuori casa, senza che nessuno si preoccupi di lui. Pur avendo subito soprusi per anni, Vincenzo mantiene una sensibilità e un senso del dovere nei confronti della famiglia, con l’obiettivo di dimostrare al capofamiglia di essere migliore, anche migliore del padre stesso.

Arrivando nella nuova famiglia, l’Arminuta deve imparare dei nuovi termini: un nuovo lessico famigliare, come direbbe Natalia Ginzburg. Riconoscersi nel nuovo reticolo, ma soprattutto riconoscere Vincenzo, il fratello maggiore che non credeva di avere:

Non eravamo abituati a essere fratelli e non ci credevamo fino in fondo.

Dal momento in cui fa ritorno, la bambina vive nell’omertà: tutti sanno il motivo per cui è stata restituita, ma tacciono. Tutti sanno, tranne lei.
Così si colpevolizza. Si chiede quale colpa abbia commesso. Perché non vengono a riprenderla?

Col passare del tempo, il personaggio dell’Arminuta acquisisce sempre più consapevolezza, si incattivisce. La conosciamo che è una bambina illusa, indifesa e speranzosa, ma nel corso della storia diventa spigolosa e coraggiosa, capace di affrontare più volte la vera madre.

Non solo.

La consapevolezza che acquisisce le permette anche di scegliere a quale mondo appartenere e in quale sinceramente riconoscersi, in un universo fatto di due madri, una più ingombrante dell’altra: la prima a causa della sua presenza rumorosa, la seconda per la sua assenza improvvisa e ingiustificata.

“Non l’ho mai chiamata, per anni. Da quando le sono stata restituita, la parola mamma si è annidata nella mia gola come un rospo che non è più saltato fuori.”

La scrittura di Di Pietrantonio è fatta di immagini e di dettagli. Mi ha trasmesso una certa claustrofobia, quasi un soffocamento: mi mancava l’aria tanto quanto è mancata all’Arminuta in quella nuova casa.

Se vi è piaciuta la saga de L’amica geniale di Elena Ferrante, sicuramente L’Arminuta può fare al caso vostro.

Non stancarti di andare, Teresa Radice e Stefano Turconi

Verso la fine dell’anno passato mi sono lanciata nel mondo delle graphic novel. Ne ho lette alcune di cui ho già parlato qui sul blog, seppur molto brevemente (di una in particolare, La Giusta Mezura di Flavia Biondi, ne discuteremo perché ormai ha conquistato un pezzettino del mio cuore).
Quest’anno – per ora, anche se manca un mese alla fine del 2021 – ne ho letta soltanto una, ovvero Non stancarti di andare, di Teresa Radice e Stefano Turconi, edita da Bao Publishing (2017).

Non stancarti di andare, Teresa Radice e Stefano Turconi, Bao Publishing (2017)

Non stancarti di andare racconta la storia di Iris e Ismail, una coppia di giovani fidanzati. Iris è una illustratrice che ha seguito il suo sogno, quello di disegnare. Ismail, invece, insegna calligrafia araba. Lui scrive, lei disegna: vi ricordano un’altra coppia, forse? Sì, proprio Teresa Radice e Stefano Turconi.

Ismail e Iris si conoscono nel 2007 in Siria, paese d’origine del ragazzo. Si innamorano, e nell’aprile del 2013 decidono di andare ad abitare a Verezzi, in provincia di Genova, nella vecchia casa della bisnonna di Iris. Prima di cominciare la loro nuova vita nella casa di famiglia, Ismail deve tornare in Siria per sistemare alcune questioni personali, ma verrà trattenuto dalle forze armate e non potrà più contattare Iris. Trascorrono i mesi e Ismail dovrà affrontare tutti quegli ostacoli che quotidianamente sentiamo raccontati in televisione e sui giornali: campi di detenzione, barconi, vite che si spezzano.

A Verezzi, dall’altra parte del mondo, intanto inizia la doppia attesa di Iris, che spera nel ritorno di Ismail mentre ha in grembo Ismairis: Iris ha deciso di chiamare così il bambino – o la bambina – a cui scrive delle lettere nelle quali racconta di sé, dei suoi affetti, del mondo che un giorno abiterà quell’amore minuscolo che adesso si muove nella sua pancia; e racconta anche della sua famiglia: una famiglia molto particolare, fatta dell’amore delle persone che ha incontrato negli anni e che adesso le vogliono bene e sperano con lei nel ritorno di Ismail.

“Sei nel nostro cuore e nei nostri pensieri da sempre. Sei con noi dall’attimo in cui, anni e anni fa, il tuo papà e io ci siamo guardati e abbiamo capito che desideravamo continuare il cammino insieme. Verso l’infinito e oltre. Un cammino di mille e mille storie da scrivere, disegnare, osare, sperimentare, attendere, contemplare. Le storie della nostra storia. E tra queste ci sei tu. Da sempre.”

I personaggi che incontriamo sono tantissimi, tutti ben caratterizzati e con una storia molto solida. Tra tutti spicca sicuramente Padre Saul, ispirato alla figura di Padre Paolo Dall’Oglio – come spiegano gli autori al termine del libro. Padre Saul è il collante che tiene insieme tutti i legami di Iris e da cui hanno origine le storie che si dipanano tra le pagine della graphic novel. Infatti, è stato proprio Padre Saul a spingere e a benedire la storia di Ismail e Iris, durante quel viaggio in Siria del 2007.

Partendo dall’unione di Ismail e Iris, Radice e Turconi raccontano di una questione politica e sociale di cui sentiamo parlare e discutere quotidianamente. Ma non solo. Non stancarti di andare è anche il racconto autobiografico dei due autori, del loro viaggio in Siria e del loro incontro con Padre Paolo Dall’Oglio, il quale, abbracciandoli – come fa Padre Saul con Ismail e Iris – rafforza l’unione dei due, spingendoli verso la loro strada.

Di Radice e Turconi avevo già letto Viola Giramondo, una graphic novel dai toni molto più leggeri rispetto a Non stancarti di andare, in cui risaltano la solidità dei personaggi, intrisi di incertezze e di paure ma anche di forte voglia di indipendenza e di crescita, e la maestria dei due autori nel riuscire a raccontare almeno tre generazioni di una famiglia – quella di Iris – tenendo le fila dei diversi piani temporali, legati tra loro da corrispondenze epistolari, libri regalati da un padre ad una figlia e da continui flashback dolorosi, resi tramite un colore rosso acceso.

Il viaggio, l’attesa e la famiglia sono soltanto alcuni dei temi trattati nel libro. C’è anche il rapporto di Iris con sua madre, una figura ingombrante ma necessaria nella vita della giovane illustratrice. C’è la storia della Siria, un paese dilaniato e ricco di cultura.

Insomma, Non stancarti di andare è una graphic novel di più di 300 pagine che vi terrà incollat* alle pagine e vi farà scendere sicuramente qualche lacrimuccia.

📚 Consigli di lettura bonus:

Una donna, di Annie Ernaux

“Non ascolterò più la sua voce. Era lei, le sue parole, le sue mani, i suoi gesti, la sua maniera di ridere e camminare, a unire la donna che sono alla bambina che sono stata. Ho perso l’ultimo legame con il mondo da cui provengo.”

Immagine di SoloLibri.net

Dal 2016, anno in cui con “Gli anni” ha vinto il Premio Strega Europeo, anche in Italia abbiamo la possibilità di leggere l’opera, perlopiù autobiografica, di Annie Ernaux, scrittrice francese pubblicata da L’Orma Editore.

Come in “Il posto”, testo in cui Ernaux racconta della figura del padre e dove forti erano la tematica dell’emancipazione e del distacco dalla famiglia, in “Una donna” l’autrice affronta il lutto per la perdita della madre, affetta dal morbo di Alzheimer, iniziando a scriverne dopo poche settimane dalla morte.

Una donna, Annie Ernaux, L’Orma Editore 2018

Mia madre è morta lunedì 7 aprile.

Il testo si apre immediatamente con il fatto accaduto: la madre è morta nella casa di riposo dell’ospedale di Pontoise, dove la figlia, Annie, l’aveva portata due anni prima.

Nata nel 1906, quarta di sei figli, all’età di 12 anni lascia la scuola per lavorare in una fabbrica di margarina. Da quel momento in poi acquisirà una consapevolezza rispetto alla propria condizione di operaia, che svolgerà con orgoglio, riconoscendone un valore al pari di quella delle classi più agiate. Ma il suo sogno era quello di aprire un negozio di alimentari, progetto che si concretizzerà con il matrimonio e con l’aiuto del marito.

Oltre alle radici familiari e alla sua condizione operaia, Ernaux indaga anche il rapporto con la madre, fatto di urla e di violenza, ma anche di eccessi di tenerezza; tratti di un carattere che l’autrice non descrive come elementi particolari ma come parte di un tutto più complesso, dovuto alla storia e alla condizione culturale in cui la madre è cresciuta ed è situata.

Annie si vergogna per il modo brusco della madre di parlare e di comportarsi, soprattutto quando si accorge di somigliarle. La riflessione sulla condizione culturale continua, tant’è che dice: “C’era un abisso tra il desiderio di farsi una cultura e l’essere colti per davvero”, riferendosi alla madre.

Nel rapporto con la figlia nasce anche una sorta di inimicizia di classe, per cui le conquiste di Annie sono percepite dalla madre – secondo lo sguardo di Ernaux – come un affronto.

Per ottenere un’immagine sincera e veritiera della madre, Ernaux adotta uno stile più neutro possibile, tanto da dismettere i panni di figlia nel momento della scrittura.

Grazie al processo della scrittura, Ernaux dilata il tempo, anzi, ne crea uno tutto nuovo in cui può ancora stare con la madre, dove le due giocano un ruolo opposto: se la madre distrugge e dimentica a causa della malattia, Ernaux ricostruisce e intesse la tela.

Una donna” è una continua riflessione sulla scrittura, su come raccontare i fatti e l’ordine migliore con cui presentarli, in modo da restituire una verità sulla madre, appuntando date e ricordi che tracciano il sentiero da ripercorrere a ritroso, con flashback e immagini.  

Immagini che vale la pena di ricordare. Immagini che ad un occhio esterno possono apparire scollegate – rese testualmente come una sorta di elenco – e senza senso, addirittura banali, ma che per una scrittrice che ha come obiettivo quello di ricordare sono essenziali: sono le prove di ciò che è stato e che non ritornerà.

In ogni titolo di Ernaux – ad esclusione de “Gli anni” in cui l’autrice adotta uno sguardo più ampio sulla storia e sulla cultura, tralasciando gli aspetti più prettamente autobiografici – la scrittrice fa un passo indietro: descrive i fatti con obiettività e con un occhio clinico su tutto ciò che la circonda.

Neppure le persone che hanno fatto parte del suo nucleo familiare sfuggono alla sincerità di Ernaux, che ci tiene a raccontare la verità, ciò che è stato, affinché ne rimanga traccia.

Come ricorda spesso l’autrice, la sua opera è sì letteratura, ma è anche uno studio sociologico che, descrivendo il particolare e la propria condizione familiare, racconta l’universale: la Francia durante la Seconda guerra mondiale, la condizione operaia, le differenze culturali e di classe, l’emancipazione femminile.

Ogni libro di Ernaux è un tassello in più per conoscere la donna che è stata e che adesso è: le sue radici e il distacco dalla famiglia per guadagnarsi una condizione socioculturale migliore.

Con “Una donna”, il puzzle della vita di Annie Ernaux è sempre più completo.