Asticella in linea col mondo

[Ogni volta che inizio a scrivere qui devo pensare che sto scrivendo per me e che di là da questo schermo non c’è niente. Tanto, come si dice, i blog non li legge più nessuno, e questo mi rincuora. Sono strana, lo so. Potrei scrivere sul diario di carta e invece sto qui.]

Oggi è un mese che non scrivo sul blog e in trentuno giorni siamo scampati all’ennesima fine del mondo, pronosticata dai Maya per il 21 giugno scorso.

Ebbene sì, potevamo non essere qui, e invece è andato tutto liscio.

Torno perché avevo bisogno di scrivere un pensiero profondo, o forse banale, decidete voi.

In attesa della fine del mondo mi sono ritrovata a pormi di nuovo una domanda che mi spaventa sempre un sacco:

se morissi adesso, sarei soddisfatta della vita che ho vissuto?

Nel cercare di darmi una risposta ho rivisto come un lungo flashback quello che la mia vita è stata in quasi ventisei anni e quello che purtroppo a volte è mancato: la sincerità.

Ma partiamo dal principio. Che cosa significa essere soddisfatti? Come la senti addosso la soddisfazione?

Per me essere soddisfatta significa addormentarmi felice. E’ sentirmi nel posto giusto e starci comoda. E’ fare qualcosa che mi arricchisca, che alimenti quella fiammella e che mi faccia del bene sincero.

Fino ad un anno fa quando mi chiedevo se fossi soddisfatta rispondevo sempre di no. Mi facevo un riassunto puntato velocissimo: “Questo potevi farlo meglio. Questo sì, dai, sufficiente. Questo invece un disastro!”

Il perché è semplice da spiegare, ma difficile da capire. O il contrario.

Io credo di mettermi un’asticella altissima in tutte le cose che faccio, ma poi, per paura di fallire e con la convinzione che sicuramente sarà così, mi saboto e l’asticella precipita raso terra e allora mi accontento di quel piccolo salto, tanto è solo lì che posso arrivare.

Mi sono resa conto che tante delle cose che ho fatto negli anni le ho fatte per assecondare gli altri, cercando di tenere in equilibrio quell’asticella da saltare. Ho finto, con gli altri e con me stessa, che tutto quello che stavo facendo mi calzasse a pennello e a detta di tanti ci sono pure riuscita. “Ti ci vedo benissimo a fare questa cosa X, è proprio per te!” Oppure: “Continua su questa strada Y, si vede che ti piace!”
Anche se la cosa X e la strada Y erano due cose diametralmente opposte, come il giorno e la notte.

Le cose sono due: o siamo tutti ipocriti o sono un’attrice nata.

Se avessi ammesso il contrario, sicuramente qualcuno avrebbe rincarato la dose, dicendomi che “non è possibile non sapere che cosa si vuole dalla vita, io a tre anni già volevo fare la veterinaria”. E poi, come se non bastasse, c’è sempre il genio di turno che se ne esce con: “A venticinque anni sei già vecchia, tra poco devi diventare mamma, dovresti avere il posto fisso”.

(L’incubo del posto fisso. Un giorno parliamo anche di quei tre lavori in croce che ogni tot mi vengono proposti in casa. Ma perché non lavori in banca? O perché non diventi infermiera? Mamma mia che palle!)

Il rischio qual è? E’ di non essere mai sinceri, non avere il coraggio di ammettere che sì, magari avremo sbagliato strada, ma manco possiamo stare qui a cercare l’uscita per anni. Non è semplice dire a voce alta che qualcosa è andato storto e che si ha bisogno di una seconda possibilità.

Durante l’ultimo anno però qualcosa è cambiato. Ho cominciato a fare cose che realmente mi fanno del bene, tra cui scrivere per un giornale online, incontrare persone interessanti, ma soprattutto tornare all’università e finalmente sto comoda dove sto. E sì, morirei soddisfatta.

Banalmente, quello che mi mancava era riconoscermi in quello che faccio.

Ho imparato che se negli anni avessi avuto coraggio nel dire che una cosa non mi andava bene, mi sarei risparmiata un sacco di ansia e di mal di stomaco. Che non siamo al mondo per accontentare gli altri e raggiungere gli obiettivi che loro hanno mancato. Siamo qui per realizzare il nostro percorso, il nostro puzzle fatto di persone, cose, esperienze e anche di errori.

La vita è una e un 21 giugno è sempre dietro l’angolo.

L’asticella è tornata alta e ho scoperto di essere in grado di saltare anche oltre, senza oscillazioni.

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